La finestrella dell’anima
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Leggenda
la finestrella
dell’anima
Le leggende legate al popolo walser sono numerose e antiche. Una delle storie più popolari che si tramandano da generazioni è legata alla finestrella dell’anima, un tempo parte di ogni casa walser.
Le origini della leggenda
Il fascino che avvolge la storia del popolo walser è difficile da ignorare. Questa popolazione di origine germanica arrivata ai piedi del Monte
Rosa tra il XIII e il XIV secolo, è riuscita per secoli a mantenere intatte
le proprie usanze, portando sino ai giorni nostri storie e leggende strettamente legate a tradizioni antichissime.
Una di queste leggende parla della “finestrella dell’anima”, in lingua Titzschu conosciuta come “Seelabalgga”. Quando si visita una casa walser, tra gli spazi interni più amati vi è sicuramente la Stube,
l’unico locale riscaldato della casa durante le lunghe veglie invernali.
Fuori il gelido inverno, dentro le famiglie numerose raccolte intorno
ad un tavolo a raccontarsi storie che narrano del rapporto dell’uomo
giunte sino a noi, tramandate di voce in voce, senza mai perdere autenticità. La finestrella dell’anima, o Seelabalgga, è un’usanza
walser molto particolare: si tratta di una piccola apertura, dalle
fattezze di una finestra in miniatura, costruita nella parete della
Stube e spesso sormontata da una croce. A volte questo pertugio
viene chiuso con un blocchetto di legno o con un’anta scorrevole.
Si narra che questa “finestrella” venisse aperta alla morte di un famigliare per liberarne l’anima e permetterle di raggiungere i ghiacciai del Monte Rosa dove avrebbe fatto ammenda dei peccati commessi in vita. La finestra veniva poi richiusa poco dopo per evitare che l’anima trovasse la via del ritorno, rimanendo intrappolata in casa.